#9 Molto più di una semplice camicia
Dal film italiano più visto dell'anno al fenomeno Barbie, quando la moda diventa strumento di emancipazione femminile
Lavorare nel mondo della moda significa spesso ritrovarsi in una bolla. Un ambiente circoscritto e famigliare in cui molte cose sono date per scontato, altre vengono giudicate superficialmente, altre ancora ignorate con tranquillità. A volte capita di mettere il naso fuori da questa stanzetta minuscola, rendendosi conto di quanto la moda pregni la nostra vita in modi inimmaginabili.
Dell’importanza sociale e culturale della moda, in particolare in relazione alle donne e ai loro corpi, parla in modo quasi involontario C’è ancora domani, il riuscito e commovente debutto alla regia di Paola Cortellesi. (Seguiranno spoiler del film, vi avviso). Delia, il personaggio interpretato dalla stessa Cortellesi, che appartiene ad un ceto sociale basso, vive una relazione abusiva e violenta con il marito, sullo sfondo degli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, in cui le donne avevano la stessa libertà e gli stessi diritti degli schiavi. Dopo averci pensato per settimane, ad un certo punto Delia si decide a comprare degli scampoli di stoffa in merceria e torna a casa a cucire. Non è chiaro se stia realizzando una camicia per la figlia promessa sposa ad un buon partito (chi ha visto sa…), o se quel capo sarà la sua uniforme per la fuga, per lasciarsi alle spalle il marito violento e ricominciare altrove con il vero amore della sua vita. E invece…
Invece quella camicia a pois a maniche corte Delia la indossa una mattina presto, si mette il rossetto ed esce di casa e va a votare, per la prima volta nella sua storia e in quella di tutte le donne di questo Paese. Il 3 giugno 1946 Delia si toglie la parannanza (come la chiama la figlia) che ha sempre addosso, logora e sporca, e si veste in modo elegante per dire finalmente la sua, per entrare ufficialmente a far parte della società, per sentirsi ed essere libera. Come nei decenni successivi sarà la minigonna inventata da Mary Quant, quella è la camicetta dell’emancipazione e della liberazione.
Trovo molto significativo che un momento di tale importanza, di autocoscienza e affermazione di sé, fondamentale per il progresso del genere femminile, passi anche attraverso un capo d’abbigliamento. Non è un caso che in un altro dei film di maggior successo del 2023 (è stato un grande anno per le registe donne) un accessorio sia il simbolo di un cambiamento, di una trasformazione. Scegliendo un comodo paio di sandali Birkenstock, Barbie si riappropria della sua identità, si allontana da un mondo patriarcale e inizia un percorso di scoperta di sé (a cominciare da una visita dal ginecologo). La lotta contro il patriarcato ha virtualmente inizio con la rinuncia a quel paio di décolleté con tacco a spillo, così incastonate nell’iconografia di Barbie, sinonimo di una visione maschilista e sessualizzata della donna e del suo corpo.
È dagli anni Sessanta che la battaglia per la parità di genere passa attraverso i corpi delle donne (e ciò che indossano). Quante volte ancora oggi sentenze ripugnanti ci hanno fatto credere che la colpa dietro lo stupro di una donna fosse da ricercare nella gonna troppo corta o nei pantaloni troppo aderenti che portava, segni inequivocabili di una certa promiscuità, di un’innegabile apertura sessuale verso i suoi carnefici. Contemporaneamente, sono stati tanti gli stilisti che hanno preso i capi simbolo dell’oppressione femminile e li hanno invece trasformati in manifesti di liberazione ed autodeterminazione - penso all’evoluzione del corsetto nelle mani di Vivienne Westwood, Jean-Paul Gaultier, Maria Grazia Chiuri.
Ieri era una camicia per andare a votare, oggi è il velo che le donne iraniane vorrebbero scegliere liberamente se portare o meno. Ricordandoci sempre che ciò che indossiamo lo dobbiamo alle donne coraggiose venute prima di noi.
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50% Cecilia, 50% Andrea. Ho scritto per nss magazine, Harper's Bazaar Italia, Cosmopolitan e iODonna.it. Scrivo di moda anche in questa NL, tra approfondimenti, trend TikTok e ossessioni passeggere 💌