5 verità scomode sulla Milano Fashion Week
Pensieri sparsi (e un po' polemici) sulla Settimana della Moda appena finita
Sorpresa! Concluso il tour de force della settimana della moda milanese (mi sento un po’ Jo Squillo a usare queste parole), eccomi con una puntata speciale - totalmente random e non richiesta - dedicata proprio alla MFW. Un po’ rant, un po’ confessionale. Aspetto le vostre opinioni! 🎀
#1 L’età media non è alta, è altissima
L’industria della moda è sempre stata dipinta come un mondo ricco di opportunità, pronto ad accogliere progetti inediti e voci nuove. Ci si immagina un universo governato da giovani creativi, giovani giornalisti, giovani stylist. La realtà è ben diversa. A parte rare eccezioni, infatti, le chiavi del regno restano saldamente nelle mani di una vecchia guardia refrattaria al cambiamento, restia ad accogliere nuovi professionisti e totalmente disinteressata alla pensione. Il risultato è un cortocircuito generale che culmina in una distanza netta tra quello che sfila in passerella (e il pubblico a cui molti designer si rivolgono) e chi quelle collezioni le commenta, le giudica, le scatta. Penso in particolare alla vecchia generazione di giornalisti ed editor che si trova spesso smarrita davanti a riferimenti contemporanei o celebrità di nicchia, troppo presa a ricordare e celebrare i bei tempi andati, senza mai interrogarsi sul proprio ruolo, sull’opportunità di occupare un posto dato ormai per scontato. Al punto che chi cerca di entrare in uno spazio ristretto come quello della Fashion Week deve inventarsi magie, video virali o trovate straordinarie. Come a dire che a chi ha meno di 50 anni occorra uno sforzo extra per poter accedere alla dorata fashion industry.
#2 In fatto di outfit, less is always more
È un ragionamento naturale. Sono invitato ad una sfilata —> devo creare il look più originale e modaiolo che il mio armadio possa produrre. Gli outfit delle grandi professioniste della moda - giornaliste, editor, stylist o buyer - si basano invece sulla semplicità, su linee pulite e rigorose e su sfumature primarie. Un blazer e un pantalone sartoriale, oppure una gonna a matita e un maglione girocollo a tinta unita, restano la divisa perfetta per sedere nel front row, grazie a quell’invidiabile mix di glamour e professionalità. Il tocco fashion, poi, spicca negli accessori, nelle ballerine di stagione, nella borsa d’archivio, nel gioiello di famiglia. Non occorre strafare. Non per dare ragione a Giorgio Armani, ma anche basta sederi di fuori alla Fashion Week.
#3 La Milano Fashion Week ha un disperato bisogno di nuova linfa vitale
Noi ce la cantiamo e ce la suoniamo, tra altisonanti cifre relative all’indotto della FW nelle casse di Milano e al numero di turisti e addetti ai lavori giunti in città per l’evento. Ma a livello di nomi presenti in calendario, Parigi ha messo la freccia e ci ha superato ormai da anni. Al momento gli show con maggiore attrattiva, vuoi per l’appeal internazionale, vuoi per il successo delle collezioni, si contano sulle dita di una mano. Parliamo di Prada (sempre sia lodato); Bottega Veneta (menomale che c’è Blazy); Ferragamo (con un ottimo Maximilian Davis); Marni, spesso su un altro livello; Gucci, più per la fama storica che per quello che è oggi, nell’era post Michele. Rimangono poi indiscutibili punte di diamante, da Fendi a Versace, da Armani a Dolce&Gabbana, maison imprescindibili del calendario milanese ma che da tempo non propongono nulla di innovativo o dirompente. Oltre alle promesse più o meno mantenute dei vari Diesel, SUNNEI e Bally (destinato a prendere il posto di una delle cinque maison sopracitate), manca una nuova generazione di designer, che non trova spazio, opportunità e supporto, per prendere le redini dell’evento nei decenni a venire (e qui si torna al punto uno). Non è una questione da sottovalutare.
#4 Forse gli influencer hanno rovinato la Fashion Week
Ho detto forse, state calmi. Non intendo riaprire l’eterno dibattito sull’opportuna o meno presenza dei content creator alla Settimana della Moda (ne avevo già scritto qui). Devo però ammettere che in certe situazioni mi sento come ““le persone comuni”” (scusate l’espressione), intervistate da programmi tipo Le Iene, che si lamentano del traffico e della città paralizzata, prendendo un po’ in giro quegli stravaganti personaggi, spesso conciati come pagliacci, pronti a bloccare il tram pur di ottenere lo scatto perfetto. Poi torno in me, riconosco di essere stata cattiva, superficiale e anche un po’ anacronistica, salvo poi tornare a pensare che ok la sicurezza in sé stessi, ma a volte un po’ di umiltà, un po’ di sana sindrome dell’impostore non farebbero male… Intere sfilate guardate dallo schermo di un telefono, per postare tutto in diretta, per dire di esserci stati, pronti a passare all’impegno successivo senza soffermarsi troppo su ciò che si è appena visto. Ecco, a volte mi sfugge il senso della presenza di alcune persone alle sfilate…
#5 Nessuno ha saputo raccontare la MFW meglio di Pif
Sembra assurdo ma è così. Consiglio vivamente di recuperare le vecchie puntate de Il Testimone in cui Pif cercava di confondersi nella folla di eventi e sfilate, accompagnato da professionisti del settore (compresa un’ancora acerba Chiara Ferragni). Quel ritratto impietoso e ironico di personaggi istrionici, poser fino al midollo e gente che non ha mai neanche sentito parlare di Miuccia Prada resta attualissimo e impareggiabile. Tranne forse per il pile nero (rigorosamente della Decathlon) sfoggiato da Pif, che oggi sarebbe accolto con meno sgomento. Già che ci siete, riguardate anche le due puntate insieme a Bianca Balti, che racconta senza filtri la vita da top model.
TUTTO SULLA MFW 💅🏻
Su iODonna.it potete recuperare il riassunto giorno per giorno della FW, i look più belli, le scarpe e le borse che detteranno tendenza, gli scatti di street style
Sempre per iODonna.it ho scritto un pezzo sulla grande assente dalle passerelle di Milano: la size inclusivity
Da Bally a Ferragamo fino a Bottega Veneta, dominano vestiti indossabili, legati alla realtà, ma tutt’altro che noiosi. Come racconta questo bel pezzo di Harper’s Bazaar
“These clothes are out of reach of almost everyone, which can make Fashion Week feel exceptionally irrelevant, even ‘delusional’. The number of designers bringing up reality in backstage interviews this season is an added, if hilarious, irony”, le parole di Rachel Tashijan sul Washington Post
Per la serie Cathy Horyn la tocca piano 🫠
Dovessimo trovare un vincitore di questa Settimana della Moda sarebbe Renzo Rosso. Il perché lo spiega GQ Italia
Come sempre Jil Sander è stato uno dei miei show preferiti. Con una modella d’eccezione: Kasia Smutniak
Ci risentiamo come sempre sabato mattina 👋🏻
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50% Cecilia, 50% Andrea. Ho scritto per nss magazine, Harper's Bazaar Italia, Cosmopolitan e iODonna.it. Scrivo di moda anche in questa NL, tra approfondimenti, trend TikTok e ossessioni passeggere 💌