#5 Djerf Avenue e la moda a doppio taglio su TikTok
Cosa succede quando un brand amatissimo online commette un passo falso?
In origine, il primo numero di questa newsletter avrebbe dovuto essere dedicato a TikTok e allo tsunami che ha scatenato nell’industria della moda. La Fashion Week poi si è messa in mezzo, ma ora eccoci a raccontare il caso esemplare di un brand - e di una designer - che alla piattaforma di ByteDance devono molto, se non tutto il loro successo, e di come ciò le si stia rivoltando contro.
La designer in questione si chiama Matilda Djerf, classe 1997, svedese. Il suo percorso online inizia nel 2016, anno in cui apre un canale YouTube per documentare il dietro le quinte dei servizi fotografici a cui prende parte come modella. Nel giro di poco il suo storytelling si sposta su Instagram (oggi conta oltre 3 milioni di follower), dove diventa una vera e propria It Girl, incarnazione per eccellenza di quel clean-girl Scandinavian style che tanto piace. Un immaginario fatto di capi basici come trench, camicie bianche, blazer e jeans ampi, sneakers New Balance, ballerine Chanel e infradito, ma anche caffè d’asporto, cinnamon bun, weekend in campagna e pranzi con le amiche.
Forte di un pubblico fedele e reattivo - qualcuno lo chiamerebbe community - nel 2019 Matilda Djerf decide di lanciare il suo brand, Djerf Avenue, che riscuote immediato successo. Il modello di business è semplice: vendere ciò che Matilda indosserebbe o ha indossato. Il brand vende esclusivamente sul proprio sito, dove vanta un range di taglie che spazia dalla XXS alla XXXL e un casting inclusivo in ogni senso. I prezzi dei capi, invece, lo posizionano come un brand di fascia medio-alta, nonostante la maggior parte siano in poliestere. Nel 2021 il giro d’affari si attesta intorno agli 8 milioni di dollari, nel 2022 si arriva a 22 milioni.
Un ruolo importante in questa ascesa lo svolge TikTok, dove Djerf è molto popolare (anche grazie agli imitatissimi capelli alla Farah Fawcett) e dove molti dei suoi prodotti diventano virali. La strategia di Djerf Avenue è fare affidamento sul cosiddetto UGC, user generated content, dunque su video girati e pubblicati da piccoli o medi creator, a cui venivano mandati capi del brand o che li compravano con i propri mezzi, in quanto fan.
E qui arriviamo al caso incriminato. Nei giorni scorsi diversi video sarebbero stati segnalati ed eliminati da TikTok per questioni di copyright. Nello specifico, è stata fatta piazza pulita di video in cui venivano messi a confronto prodotti di Djerf Avenue, come il famoso pigiama stampato, con versioni simili prodotte da altri brand, primo fra tutti Amazon, a prezzi ben più bassi. Un tipo di contenuto molto comune sulla piattaforma, dove non mancano recensioni di ogni tipo sul brand svedese. Il marchio ha fatto sapere di aver ingaggiato un’azienda esterna che si occupa proprio di proprietà intellettuale, che sta provvedendo a contattare creator e piccoli business colpevoli di averli copiati (quindi di aver infranto la legge).
Un’operazione che sta causando non pochi problemi d’immagine per Djerf Avenue. Innanzitutto va spiegata l’importanza, o quanto meno l’onnipresenza, dei dupes su TikTok. Un termine inglese che indica la copia, l’imitazione, la contraffazione di un prodotto, spesso diventato virale ma troppo costoso per la maggior parte degli utenti, che scandagliano l’Internet alla ricerca di versioni alternative più accessibili. Non è una prassi etica, né a livello di consumismo e impatto ambientale, né nei confronti del brand che quell’item lo ha inventato, ma si tratta di quasi di un passaggio obbligatorio nell’era della moda virale su TikTok.
La questione dei dupes, inoltre, presuppone che ciò che si copia sia qualcosa di innovativo, originale, mai visto prima. Tutto ciò che propone Djerf Avenue, dai pantaloni a righe ai tubini neri, non ha nulla di rivoluzionario o inedito. Anzi, come hanno fatto notare diversi utenti su Reddit, in tanti casi sono copie di vestiti - di altri brand o vintage - che la stessa Matilda Djerf aveva indossato prima di fondare il suo marchio. D’altra parte, trattandosi di capi così basici è anche difficile inventarsi qualcosa da zero.
Dopo essere diventata l’idolo di tante, è bastato poco perché Djerf Avenue finisse nella lista nera di tante fashioniste. È molto interessante la dinamica di potere che si è creata sulla piattaforma tra brand e consumatori, che non impiegano molto a “cancellare” realtà o personaggi che non approvano, dando vita a polemiche e riflessioni molto polarizzate. Da parte del pubblico in certi casi sembra prevalere il pensiero “io ti ho creato e io ti distruggo”. In effetti, senza il supporto (anche economico) di tanti utenti Djerf Avenue non sarebbe ciò che è oggi. Ecco allora che se quel brand va ad “attaccare” il suo stesso pubblico, facendo oscurare dei video e creando un disagio non da poco a chi con quel tipo di contenuto ci lavora e si paga da vivere, si spezza un rapporto di fiducia e scambio reciproco. Due elementi imprescindibili su cui è costruita una community di questo tipo.
Sembrano questioni molto superficiali, e forse lo sono. Ma per un brand che ha basato tutto il suo successo sull’affabilità della sua fondatrice e su un rapporto descritto come di fiducia, quasi di amicizia, tra lei e il suo pubblico, questo è un passo falso da cui sarà decisivo riprendersi.
ARTICOLI, TREND e OUTFIT 💅🏻
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Per la serie brand di cui innamorarsi: il danese Mfpen, che ha lanciato da poco la collezione femminile
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Alla prossima settimana 👋🏻
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50% Cecilia, 50% Andrea. Ho scritto per nss magazine, Harper's Bazaar Italia, Cosmopolitan e iODonna.it. Scrivo di moda anche in questa NL, tra approfondimenti, trend TikTok e ossessioni passeggere 💌