Commettere una gaffe, fare un passo falso, dire la cosa sbagliata. Internet insorge, con commenti al vetriolo e dure accuse. Il diretto interessato - sia esso una persona o un brand - rilascia un comunicato o gira un video in cui si scusa. Fine.
È questa ormai la prassi con cui l’industria della moda (e non solo) affronta le cosiddette PR crisis, quei momenti da incubo dal punto di vista della comunicazione, causati da incidenti diplomatici, da parole pronunciate a sproposito o da errori di comunicazione, appunto. Non è però una questione di “non si può dire più niente”, ma di sapere bene chi si ha davanti: nella maggior parte dei casi un pubblico che non ama essere preso in giro, attento e vigile, a tratti pedante. Ciò non significa che tutte le polemiche e i boicottaggi nati su TikTok, ad esempio, abbiano senso o fondamento, ma che la comunicazione, in ogni sua declinazione, deve essere chirurgica. Due esempi delle ultime settimane.
Lo scorso 17 aprile la content creator Mengyan Yu - poco più di 60mila follower - posta su TikTok un video in cui mostra due paia di adidas Samba appena comprate, lamentandosi di fare fatica ad indossarle. Yu dice infatti che le sneakers le tagliano la pelle nella zona del calcagno, diventando impossibili da indossare e chiedendo se qualcun altro avesse avuto lo stesso problema. Ad oggi il video conta quasi mezzo milione di visualizzazioni e oltre quattrocento commenti: il contenuto è andato bene, altri utenti hanno detto la propria. La vicenda avrebbe potuto risolversi qui, se non fosse per il commento lasciato dal profilo ufficiale di adidas. Un lapidario “Gotta sacrifice for the look” che ha scatenato una certa polemica.
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Non perché il commento fosse offensivo o denigratorio - è chiaro l’intento ironico - ma perché si pone sul piano sbagliato nei confronti di Yu e del pubblico tutto. In poche parole, si prende troppa confidenza. Ammesso e non concesso che fosse necessario rispondere ad un video del genere, tenendo presente il successo planetario della sneaker, adidas ha sbagliato i toni. Sarebbe stato più gradito un commento dispiaciuto, in cui si offrivano consigli e trick su come evitare il mal di piedi. In alternativa, adidas avrebbe potuto scrivere a Yu in privato, mostrandosi costernato per l’accaduto, rassicurandola che dopo un po’ di tempo e di uso le scarpe si sarebbero ammorbidite.
Una certa informalità, un tono scherzoso, l’utilizzo di meme possono rappresentare un tipo di comunicazione efficace con cui i brand entrano in contatto con il loro target. Ma ogni situazione ha il suo linguaggio. Yu, ad esempio, non ha apprezzato il commento ironico di adidas, tanto da pubblicare un altro video TikTok in cui si diceva delusa della risposta. Ad oggi quel video conta oltre 10 milioni di visualizzazioni e quasi 12mila commenti. Ed è quello che rimane, non il commento simpatico del brand. Non si tratta certo di una shitstorm, ma un piccolo danno è stato fatto.
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Ben più grave è la situazione in cui si trova il brand di make-up Youthforia. Lo scorso anno il marchio aveva presentato una linea di fondotinta molto limitata dal punto di vista delle sfumature, soprattutto per quanto riguarda le pelli più scure. Dopo aver promesso di implementare le opzioni per la Black community, qualche giorno fa è uscita una nuova gamma di fondotinta, con 600 colorazioni, 10 delle quali (e sottolineo: 10 su 600) dedicate a pelli scure. La presenza di un fondotinta letteralmente e innegabilmente nero, nella sua accezione più profonda, quasi da Black Face, non poteva che scatenare la polemica.
Questa sì che è una PR crisis da manuale, una di quelle molto difficili da cui riprendersi, perché spia di un razzismo sistemico che l’industria del beauty non ha mai davvero affrontato. Dirsi inclusivi per un brand che produce blush e illuminanti passa soprattutto attraverso un’equa e giusta shade distribution: non possono esistere 70 diverse tonalità di beige, adatte quindi ad ogni sfumatura di pelle bianca, a fronte di 5 opzioni per le pelli più scure.
Il brand fondato da Fiona Co Chan si è difeso dalle accuse dichiarando di non essere stato in grado di trovare un modello o una persona di una tonalità di pelle tanto scura per testare il prodotto. Confermando, di fatto, che quel fondotinta è stato sviluppato per “barrare tutte le caselle”, per dire di essere inclusivi, senza averlo creato modellandolo sulla pelle di una persona vera.
Mai come oggi un brand deve essere un compartimento stagno, dal team di product development a quello dei social media. La posta in gioco è troppo alta.
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PS Nella notte italiana tra lunedì 6 e martedì 7 maggio si terrà a New York l’atteso Met Gala 2024, ormai l’appuntamento più importante del fashion system. Qui trovate un bel ripasso sul tema di quest’anno, mentre se volete fare le ore piccole il red carpet verrà trasmesso in streaming su YouTube (ci sarà anche la nostra amata Emma Chamberlain). Occhi aperti e pronti a commentare ogni look 👀
Alla prossima settimana 👋🏻
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50% Cecilia, 50% Andrea. Ho scritto per nss magazine, Harper's Bazaar Italia, Cosmopolitan e iODonna.it. Scrivo di moda anche in questa NL, tra approfondimenti, trend TikTok e ossessioni passeggere 💌