#25 Un pomeriggio di ordinaria follia da Zara
Il brand di fast fashion sta cambiando strategia, a partire dai suoi negozi
Erano anni che non entravo in un negozio di Zara. Intendiamoci: il sito lo frequento spesso e volentieri, nella maggior parte dei casi finendo per non comprare, facendomi però un’idea più precisa di ciò che “va di moda”. L’esperienza in store, tuttavia, mi è parsa emblematica del cambiamento che il brand di fast fashion sta attraversando.
L’avvenimento più sconvolgente è che le commesse ti rivolgono la parola, di loro spontanea volontà, gentili e disponibili. Nulla contro di loro, ma sembrano lontani i tempi in cui disturbarle per chiedere una taglia equivaleva a confessare a tua madre, alle nove di sera, che avevi bisogno di quattro cartoncini gialli e due pennarelli viola per la mattina dopo. In un passato non così remoto ti costringevano ad attenere lì dov’eri, impalata e imbarazzata, mentre si immergevano nello sconfinato magazzino alla ricerca del tuo ordine online.
Nel negozio in cui sono stata qualche giorno fa, poi, spiccava una sezione dedicata alla collezione di lingerie e ai capi d’abbigliamento ad essa ispirata. Una mini installazione con tanto di relle metallizzate e arredi effetto roccia bianca, come una vera boutique (che dal punto di vista estetico gli store di Zara si distinguano dal resto del mondo fast fashion non è una novità). Lo sbalordimento è stato completo quando ho notato il camerino dedicato, celato da una tenda di velluto, con tanto di commessa pronta a farti la fatidica domanda: “Come andava?”.
Anche solo da questi piccoli, ma non secondari, dettagli si intuisce che un cambiamento è in atto. Zara sta cercando attivamente di colmare un vuoto, quel famoso divario tra brand di fascia alta e bassa, candidandosi a realtà intermedia, ma dall’animo fashion, che mancava nel panorama dell’industria.
Il marchio di proprietà del gruppo spagnolo Inditex, che nel 2023 ha superato i 5 miliardi di euro di utili netti, vuole essere il luogo - digitale e fisico - che soddisfa tutti i tuoi bisogni: vestiti e scarpe, borse e jeans, ora anche beauty, profumi e prodotti per i capelli. Zara vuole levarsi di dosso l’etichetta di brand fast fashion, proponendosi invece come un marchio di lusso accessibile a tutto tondo. Iniziando, tra l’altro, alzando i prezzi - +20% rispetto al 2022 - ma non la qualità o la tracciabilità dai capi. Non solo. È evidente il tentativo di raggiungere una legittimazione e un ruolo di rilievo all’interno dell’industria della moda “più alta”. Ne sono una prova le campagne firmate da Helmut Newton e Steven Meisel, la collaborazione con il famosissimo hair stylist Guido Palau, le immagini con protagoniste Kaia Gerber, Irina Shayk, Gigi Hadid.
Nonostante competitor sulla stessa lunghezza d’onda, penso a COS, Massimo Dutti, H&M in alcuni casi, Zara resta il migliore ad intercettare i trend del momento, captandoli tanto dalle passerelle delle grandi maison quanto da TikTok. Se un piano dello store ospitava le “brutte copie” delle collezioni di Toteme, Lemaire, The Row, Miu Miu, Prada, l’altro ti catapultava nel feed di una ragazza Gen Z, tra mules d’ispirazione Y2K, minigonne e borse ispirate ad Acne Studios. Proprio questo è sempre stato il segreto del successo del brand: dare alla massa ciò che sfila in passerella.
Si è parlato in lungo e in largo delle conseguenze catastrofiche del fast fashion, della necessità di educare i più giovani ad uno shopping consapevole ed etico, optando per marchi sostenibili o per il vintage. Il richiamo di Zara, però, resta ancora un canto della sirena a cui è difficile resistere.
ARTICOLI, TREND e OUTFIT 💅🏻
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Phoebe Philo, intanto, ha rilasciato la prima intervista dopo tempo immemore (a Vanessa Friedman del NYT). Una frase da ricordare: “In today’s world, where there’s so much fashion, and so much big fashion, I try to remember that most of the big houses started with one human being who had an idea about what they wanted to do.”
La mia ossessione del momento: le borse dalla silhouette allungata con manici lunghi e sottili. Vedi alle voci Alaïa, Prada, Loewe, The Row…
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Capi semplici ma d’effetto (che strizzano l’occhio ad una certa parte di TikTok) e un immaginario visivo che non si dimentica. Mi sono innamorata del brand Dunst
Alla prossima settimana 👋🏻
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50% Cecilia, 50% Andrea. Ho scritto per nss magazine, Harper's Bazaar Italia, Cosmopolitan e iODonna.it. Scrivo di moda anche in questa NL, tra approfondimenti, trend TikTok e ossessioni passeggere 💌