#12 Un paio di jeans troppo larghi
Cosa c'entrano un denim oversize, Emily Ratajkowski e il femminismo
Una modella dal fisico esile e dagli addominali scolpiti è in piedi davanti all’obbiettivo. Indossa un aderente cardigan bianco e un paio di jeans a vita bassa vistosamente troppo grandi per lei, tenuti dalla stessa modella per un lembo della vita, a sottolineare i centimetri di stoffa in eccesso.
Non si tratta di una di quelle immagini promozionali di fantomatici centri di dimagrimento, bensì uno degli scatti parte del servizio di copertina del magazine M, del quotidiano francese Le Monde, firmato dal fotografo Oliver Handlee Pearch e con protagonista la top model, autrice e podcaster Emily Ratajkowski.
Come da copione, i post Instagram recanti questa immagine vengono invasi da commenti indignati e critiche accese. L’accusa più frequente è quella di body shaming, ritrovato nel tentativo di romanticizzare un fisico magro e scolpito a discapito di tutti gli altri. Come ha scritto qualcuno, sembra una foto di moda degli anni Novanta, in cui l’estetica predominante era quella dell’heroin chic di Kate Moss, costellata di modelle dalla magrezza tutt’altro che sana.
Al di là delle polemiche resta il dubbio su cosa quella immagine dovesse raccontare, rispecchiare, trasmettere. Qual era insomma lo scopo di quello scatto? La mia amica Elisa mi ha scritto raccontandomi che diversi anni fa, per il progetto finale del corso di styling allo IED, aveva realizzato uno shooting visivamente molto simile, a partire da una tematica ben definita: il mimetismo. “Tutto è oversize. Una dimensione affascinante proprio perché non si può misurare, delineare, definire. È un nuovo caos. L’abbondante tessuto che sovrasta il corpo si impadronisce delle forme, le distorce, fino a renderle indefinite, invisibili. […] È il desiderio di nascondersi. Per poi scoprirsi. E (ri)trovarsi”.
Tutt’altra cosa rispetto al lavoro di M. Rimane comunque il fatto, grave e sorprendente, che a nessuna delle persone presenti sul set, in redazione, fino al momento dell’editing delle immagini sia venuto in mente che quella foto potesse essere non solo inutile e sbagliata, ma pericolosamente lontana dalla sensibilità contemporanea.
C’è infine un ultimo tassello in questa storia. I commenti che Emily Ratajkowski ha ricevuto sotto quello scatto sono stati ancora più duri e aggressivi, volti a definirla una femminista di facciata, finta e performativa, solo in apparenza allineata al movimento della body positivity, nonostante il libro da lei scritto parlasse proprio di corpi (che vi consiglio).
EmRata ha tanti hater. E ne ha accumulati sempre di più da quando ha iniziato a dire la sua, a far sentire la sua voce, sia su questioni politiche che sociali. Da quel momento è scattato qualcosa e a molti - uomini e donne - non è andato giù che una modella che aveva il profilo IG pieno di sue foto nuda o in bikini potesse anche avere un’opinione su questioni importanti, sul suo corpo, sull’essere donna, madre o a favore dell’aborto. Quasi si dovesse scegliere una cosa o l’altra: o sei una modella di nudo o parli di femminismo. Spogliarsi e usare il proprio corpo per vivere - in un contesto che si ritiene sicuro e sano - non ti rende meno femminista, ovviamente.
È molto preoccupante la smania con cui non si aspetta altro che un passo falso o un errore per schiacciare, criticare e cancellare un personaggio ritenuto “scomodo”. E guarda caso ogni volta che una donna apre bocca diventa scomoda…
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50% Cecilia, 50% Andrea. Ho scritto per nss magazine, Harper's Bazaar Italia, Cosmopolitan e iODonna.it. Scrivo di moda anche in questa NL, tra approfondimenti, trend TikTok e ossessioni passeggere 💌